Negli ultimi decenni le moderne acquisizioni scientifiche hanno dimostrato come i problemi nutrizionali siano correlati ad un peggioramento della qualità della vita del soggetto e come sia maggiore l’incidenza di complicazioni e di altre malattie ad essa associate. La misurazione del peso corporeo è, insieme alla statura, uno dei parametri fondamentali per la caratterizzazione antropometrica di un individuo. Qualunque sia lo stile di vita condotto, assume un’importanza rilevante il controllo del peso corporeo inteso come identificazione, eventuale raggiungimento e mantenimento del “peso ideale”. E’ intuitivo quanto sia fondamentale una riduzione del peso corporeo allorquando questo sia in eccesso per evitare tutte quelle manifestazioni negative correlate a problemi metabolici ed a sovraccarichi funzionali con conseguente nocumento alla propria salute. Ma come può essere identificato un “giusto peso”?
Un aiuto ci giunge dall’Indice di Massa Corporea (IMC oppure BMI in inglese, che si ottiene dividendo il peso corporeo per il quadrato dell’altezza espressa in metri) che individua un range di “normalità” per quei soggetti che presentano valori compresi tra 19 e 25 Kg/m2, sarebbe a dire, per un uomo adulto alto 180 cm, un peso che deve oscillare tra 61,5 Kg e 81 Kg.
Esempio: soggetto alto 178 cm, pesa 75 kg, IMC=75/1,782= 23,7 “normale”.
Di seguito viene riportata il range di classificazione nutrizionale ormai condiviso dalla comunità scientifica
Risulta abbastanza evidente la presenza di un’oscillazione troppo ampia in questi valori, addirittura 20 Kg. Questi valori tengono conto solo di una condizione di buona salute, non considerando le necessità che presentano, ad es., gli atleti. Infatti un atleta dalla muscolatura ipertrofica risulterebbe classificato in sovrappeso se non addirittura come obeso; per contro atleti impegnati in discipline prevalentemente “aerobiche” potrebbero risultare in netto sottopeso.
E’ evidente, quindi, che un criterio di classificazione, come quello dell’IMC, molto utile per definire una condizione nutrizionale a livello generale di popolazione, mostra, però, notevoli limiti quando viene applicato su fasce specifiche di popolazione o, ancor più, nella valutazione del singolo individuo . Sorge allora la necessità di utilizzare metodiche più particolareggiate per poter classificare in senso antropometrico-nutrizionale un numero più ampio di persone.
Seguendo, quindi, la necessità di un parametro di classificazione più idoneo, già da diversi decenni vengono compiuti studi su tecniche e metodi che possano misurare la composizione corporea dato che peso e statura soltanto non sono sufficienti. Ma il corpo umano da che cosa è composto? Cosa dobbiamo misurare? Sono diversi i modelli di composizione del corpo umano proposti dalle varie scuole nutrizionali, in linea di massima è universalmente accettato il modello multicompartimentale, basato su cinque compartimenti, anche se può essere sufficiente la classificazione fondamentale in 2 soli compartimenti:
Modello bicompartimentale: Massa grassa (FAT), Massa Magra (FFM)
Modello a 5 compartimenti: Massa grassa (FAT), Acqua corporea, MAssa proteica, Minerali, Glicogeno
Risulta intuitivo quanto sia importante avere la possibilità di misurare la massa grassa per poter definire esattamente lo stato di forma di un individuo per avere così la capacità di intervenire in modo mirato per, eventualmente, aumentare la massa magra e diminuire la massa grassa. Infatti un aumento della massa muscolare a scapito di quella grassa è di fondamentale importanza sia nella vita quotidiana che nella pratica sportiva.
Il problema della scorretta alimentazione è in costante crescita pertanto le informazioni derivate dai vari esami nutrizionali (antropometria, composizione corporea, rilevamento dei consumi alimentari, ematochimici, adeguamento del bilancio energetico, etc.) hanno la fondamentale funzione di verificare il mantenimento dell’omeostasi generale dell’organismo e quindi lo stato di salute.
Il chiarimento di questi semplici concetti apre la strada alla necessità di definire il problema “dieta”, nel senso che il fiorire di modelli nutrizionali di ogni genere e tipo comporta necessariamente lo smarrimento del paziente: quale dieta seguire e come deve comportarsi il nutrizionista serio nel controllo del percorso dietetico?
L’argomento merita un approfondimento ma è necessaria una premessa: con diete molto restrittive e non adeguate al singolo individuo l’eventuale rapida perdita di peso avverrebbe soprattutto a scapito della massa magra cioè del muscolo (deperimento) o a scapito dei liquidi (disidratazione) e non, come dovrebbe essere, a scapito della massa grassa (dimagrimento) condizione ottenibile solo con adeguato protocollo dietetico e con continuo monitoraggio strumentale dello stato nutrizionale.
Sono diverse le tecniche con le quali valutare la composizione corporea, il miglior compromesso (qualità-costo) si ritrova nella “bioimpedenziometria (BIA)” e nella “plicometria” anche se quest’ultima, praticamente abbandonata, trova nuovi impulsi grazie alla nuova tecnica ad ultrasuoni.
Carmine Orlandi
Prof. a. c. facoltà di Medicina, Università di Roma Tor Vergata; Università di L’Aquila,